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domenica 26 dicembre 2010

il massacro

Un argomento (un film) che non c'entra niente col natale né con la politica (ma forse un po' sì) L'ho visto l'altra sera e, a dispetto dell'età e dei numerosi passaggi in tv, lo trovo ancora magnifico. Certo, per apprezzarlo bisogna appassionarsi al genere (western) che io ho amato fino al 1960. Si tratta del Massacro di Fort Apache di J. Ford, e credo che chiunque possa convenire sulla sua bellezza "cinematografica": splendido bianco e nero, fotografia stupenda, recitazione impeccabile; qualche lungaggine di troppo nella sceneggiatura. Ma meglio mettere le mani avanti riguardo ad una immediata accusa che è la stessa che si beccò un altro capolavoro di qualche anno dopo, "Sentieri Selvaggi": film considerato razzista e fascista. A parte il fatto che nel film gli spietati assassini traditori dei trattati sono i generali americani, devo dire che io non amo vedere i film con l'occhio rivolto all'ideologia: un film è un film e basta. Non bisognerebbe forse ragionare così, ma non intendo rovinarmi la vita. Invece un appunto assai negativo merita il pistolotto finale sull'esercito americano (del tempo!) e dei suoi magnifiici eroi. E' attaccato con lo sputo al resto del film: volgarmente retorico.

10 commenti:

  1. Purtroppo ai films americani di quel tipo - di guerra e simili - il pistolotto finale non manca mai.

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  2. Li ho entrambi, andrò a rivederli (è passato un bel po' di tempo!) e poi ti farò sapere cosa ne penso.

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  3. Da subito ti dico che condivido il tuo giudizio.
    Sono film molto belli, in un bianco e nero eccezionale, con sceneggiature essenziali.
    Il resto a dopo.

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  4. Bene, iniziamo, per ora, dal Massacro di Fort Apache, ragia di John Ford, nel cast Henry Fonda,John Wayne, Pedro Armendariz, Sherley Temple (l'ex-bambina prodigio). Sorpresa! Ne esiste una copia a colori, una pessima idea di colorare splendide e irripetibili pellicole in bianco e nero. La sto vedendo, ma la poesia di quel meraviglioso bianco e nero non c'è più! Come fare? Mi sto procurando una copia dall'originale del 1948. Per ora è tutto.

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  5. Ma scusa: non lo puoi togliere il colore? Non so adesso, ma sono sempre riuscita a toglierlo (gradatamente, passando da varie gradazioni di grigio); hai provato?

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  6. No, non lo so fare, ma non importa, ho la copia in bianco e nero, perfetta. Qualche giorni e farò qualche commento, tipo recensione.

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  7. Sentieri selvaggi (The Searchers) è un film western del 1956 diretto da John Ford.
    Nel 1989 è stato scelto per la preservazione nel National Film Registry della Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti.
    Nel 1998 l'American Film Institute l'ha inserito al novantaseiesimo posto della classifica dei migliori cento film statunitensi di tutti i tempi mentre dieci anni dopo, nella lista aggiornata, è salito addirittura al dodicesimo posto.
    È un filma colori e l’ho rivisto per primo, John Wayne ha 49 anni quando lo gira e si vedono tutti. Ha lo sguardo incattivito, ha fatto la Guerra di Secessione, ne ha viste di tutti i colori. La scienza iniziale è formidabile, la scenografia naturale nella quale un uomo a cavallo procede, sta tornando a casa. Gli indiani non sono tutti buoni qui, ve ne sono, quelli con i quali viene a contatto nella lunga ricerca della nipote, ma i cattivi ci sono eccome, sono quelli che hanno rapito la bimba dopo avere ucciso il fratello e la cognata di Ethan, il cui odio nei confronti dei nativi americani, non tutti, quelli cattivi è inestinguibile e per tutta la durata del film, quando ormai la bambina può considerarsi cresciuta con quella tribù di assassini, averne assorbito gli usi, le abitudini, avere subito l’onta di essere stata posseduta dal capo tribù, il cattivo, si scarica anche addosso a quella che non considera più una donna bianca. Il finale riserva il ‘colpo di teatro’.
    Indubbiamente in gran film, un western a colori che giustamente è stato considerato fra i primi 100 film più belli degli U.S.A., piazzandosi per ultimo al 12° posto.
    Efficacissimo il doppiaggio di Emilio Cigoli (Ethan Edwards) e Cesare Polacco (il reverendo Clayton).

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  8. Il massacro di Fort Apache è un film western del 1948 diretto da John Ford. E' il primo della trilogia sulla Cavalleria Usa girata dal regista, che proseguirà con I cavalieri del Nord Ovest (1949) e Rio Bravo (1950).
    L’ho appena rivisto, nella versione originale in uno splendido bianco e nero.
    Questo film non è stato celebrato come “Sentieri Selvaggi”, è del 1948, John Wayne ha 39 anni, è agilissimo, ancora.
    A questo film, privo di una adeguata descrizione sul web, ho dedicato particolare attenzione.
    Ciò che si nota a colpo d’occhio è la rigidezza caratteriale, formale e sostanziale, ottimamente resa di un Henry Fonda, contrappuntata da quella meno sostanziale dei cavalleggeri al suo comando, impettiti si, orgogliosi anche, ma giocherelloni al limite del claunesco: un ottimo assortimento di eccellenti caratteristi. Anche la traduzione del testo risente in positivo di un modo di scrivere un italiano che ormai è un melanconico ricordo. A Forte Apache vi sono scene di danze nella festa data per celebrare l’arrivo del nuovo comandante, che mettono allegria e stimolano l’emulazione, seppure fosse possibile. Di certo io la quadriglia l’ho ballata, ma ne è rimasto solo il ricordo.
    John Wayne ha 41 anni, è nella fase di transizione della serie di western del periodo precedente (ha iniziato a recitare nel 1929), è altissimo (1,93) anche se non il più alto. Al fianco di Sherley Temple nelle scene di danza appare, ma forse deve essere, goffo.
    Nella scenografie vi sono delle incongruenze, ma di poco conto, il ritmo del film procede lento, nella colonna musicale mi è parso di cogliere un frammento di ‘Ma Vlast’ di Bedrich Smetana, pregevole.
    Qui gli indiani sono buoni, cattivi sono i generali americani, che violano la parola data. Forse per questo motivo il film non ha avuto la stessa fortuna di quello del 1956, un caso di coscienza sporca collettiva.
    Una frase mi ha colpito particolarmente, la pronuncia il medico del forte: “Bella notte per danzare, limpida e asciutta”. Qui ci sono ricordi autobiografici miei, quando ancora si vedeva la via Lattea nella città dove vivevo.
    Il doppiaggio di Henry Fonda è perfetto, riecheggia quello di un altro grande, Alan Ladd, splendido interprete di un altro capolavoro “Il cavaliere della valle solitaria” del 1953, in cui, piccoletto di statura, giganteggia.
    C’è anche un Alberto Sordi, che all’epoca ha 36 anni, il suo doppiaggio di Pedro Armendariz, all’inizio della carriera.
    Splendido Aldo Silvani, grande attore di prosa, che doppia Ward Bond, e Luigi Pavese (Grant Withers).

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  9. Il massacro di Fort Apache, di parecchi anni precedente al capolavoro di Ford, "Sentieri selvaggi", è una pagina di storia ispirata alla figura del generale Custer che portò i suoi uomini a farsi sterminare nel passaggio di Little Big Horn. Un personaggio storico, questo Custer, e direi emblematico di come fosse possibile una politica di accordo con gli indiani abitanti in Arizona a patto di rispettare regole e trattati. Custer invece (il nome nel film è cambiato) mira soprattutto ad affermare la supremazia della civiltà bianca su quella pellerossa: niente compromessi, niente trattati se non per ridurli a carta straccia. L'altro personaggio, antitetico a Custer, rispettoso delle usanze e del capo indiano Kociss, stipula un trattato che il generale strappa immediatamente. Rotta la tregua, scatta l'attacco condotto in maniera suicida da un Custer ormai fuori di senno. Un personaggio negativo, questo Custer,rivalutato però nella scena finale (aggiunta per motivi propagandistici?) dove viene decorato alla memoria assieme agli altri eroi caduti, non importa se ragionevoli o mentecatti.
    A parte l'aggiunta finale, poco opportuna, il film si distingue per la bellezza della fotografia in bianco e nero, per la sceneggiatura (anche se poteva venir leggermente ridotta); e infine per gli attori, bravi e credibili; un Henry Fonda rigido e che non cede di un millimetro; e, dalla parte dei "buoni", John Wayne, sensibile e leale. Anche in questo film Ford non sa rinunciare a farci entrare in quel magico mondo dei film western, genere a lui così caro. Oltre alle scene di attacchi e altre strategie belliche, il film è arricchito da tutto un contorno di scene vivaci, a volte allegre che, appena possibile, fanno capolino in mezzo al dramma. Così seguiamo anche le sorti di due giovani che si innamorano a prima vista (ma lui dovrà fare i conti con il suocero autoritario anche in famiglia: è il generale in persona!); così come allegra e ironica è la festa da ballo a cui partecipano, con verve presto ritrovata dopo una lunga ed estenuante missione, sia John Wayne che il generale, sorprendentemente a suo agio mentre balla con le gentili signore. La pienezza della vita anche in mezzo a guerre e tragedie.
    Franz 90

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  10. Il post che precede è della titolare del blog, l'ho postato io perché (almeno in questo!) più bravo di lei. Il suo commento mi è piaciuto moltissimo e, osreri dire, si integra e completa iol mio punto di vista. Nel linguaggio marinaro si dice: avanti tutta, alla via così!

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