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domenica 26 dicembre 2010
il massacro
Un argomento (un film) che non c'entra niente col natale né con la politica (ma forse un po' sì) L'ho visto l'altra sera e, a dispetto dell'età e dei numerosi passaggi in tv, lo trovo ancora magnifico. Certo, per apprezzarlo bisogna appassionarsi al genere (western) che io ho amato fino al 1960. Si tratta del Massacro di Fort Apache di J. Ford, e credo che chiunque possa convenire sulla sua bellezza "cinematografica": splendido bianco e nero, fotografia stupenda, recitazione impeccabile; qualche lungaggine di troppo nella sceneggiatura. Ma meglio mettere le mani avanti riguardo ad una immediata accusa che è la stessa che si beccò un altro capolavoro di qualche anno dopo, "Sentieri Selvaggi": film considerato razzista e fascista. A parte il fatto che nel film gli spietati assassini traditori dei trattati sono i generali americani, devo dire che io non amo vedere i film con l'occhio rivolto all'ideologia: un film è un film e basta. Non bisognerebbe forse ragionare così, ma non intendo rovinarmi la vita. Invece un appunto assai negativo merita il pistolotto finale sull'esercito americano (del tempo!) e dei suoi magnifiici eroi. E' attaccato con lo sputo al resto del film: volgarmente retorico.
venerdì 17 dicembre 2010
FIDUCIA
Non se ne può più. Siamo immersi nella melma (avrei potuto anche dire merda, ormai le parolacce sono state sdoganate). Lui tutto tronfio che cammina seguito da un codazzo di lecchini, pronti ad entrare in azione e compiere le loro mansioni, e che non cade, non cadrà mai più. Ma per forza! ma in virtù di quale diritto gli sono stati accordati tutti questi giorni prima del voto di fiducia! Lo chiedo davvero, perché non lo so. Toccava a lui scegliere la data ? Ne dubito. Certo che ci voleva altro per detronizzzarlo! Lacrime e sangue. Certi “regicidi” vanno compiuti giocando sul tempo. In un mese quante possibilità di corruzione e quanto tempo per tessere la trama che avrebbe irretito gli avversari? Quante minacce? Una per tutte: il divieto financo di sperare di rientrare nel centro-destra: si badi bene: divieto di rientrare in un partito che è poi una coalizione: così, senza parere, dà degli ordini su come uno deve vivere la propria vita.
Poi c’è Di Pietro, forse quello che si dà più da fare e che pertanto meriterebbe di più, ma quanta rabbia lo avrà roso quando si accorse di che serpi covava in seno! Tre tangheri che fanno il bello e il cattivo tempo! Di Pietro è stato l’unico che, purtroppo a giochi fatti, sarebbe stato disposto a vendersi l’anima, se occorreva, ma da solo? Già. Da solo. Perché, chi altro c’è?
Dopo la mossa dei centristi Di pietro ha proposto l‘unione delle sinistre. Si aspettava una qualsiasi risposta. Una strizzatina d’occhio,un cenno di riscontro qualsiasi, meglio che niente anche uno sberleffo! Ma svegliatevi per dio! Sarebbe così tanto una vergogna, un grave disonore? Ovvero una bestemmia?
Ma no, no: deve prevalere il nulla. È molto più rassicurante.
mercoledì 8 dicembre 2010
al Pd
Ma è mai possibile che quando uno dei, diciamo così, nostri fa qualcosa di irrituale, si gridi allo scandalo, inverecondia, vergogna, ecc.? Che terribili conseguenze potrà avere la visita di Renzi ad Arcore? Voi,(noi) vi muovete poco, diciamolo: facilmente il niente porta a niente. E allora muovetevi, anche scompostamente, ma fatelo, chissà mai...
martedì 7 dicembre 2010
CHE LIBRO LEGGIAMO ADESSO?
Quando noi lettori virtuosi (“mai senza libro!” “Via uno, sotto un altro!”) completiamo la lettura dell’ultimo libro, si pone il problema di sostituirlo: con che cosa? Il lettore previdente ha già da tempo fatto in modo di rifornirsi di materiale: ma, appunto, a chi si è rivolto? Chi ci dà lo spunto per gli acquisti?
Ho notato, chiedendo in giro, che ognuno ha i suoi canali, le sue abitudini. Girando per i programmi tv, (parlo di quelli con velleità culturali o educative, non di venditori di pentole e tappeti - con tutto il rispetto per la categoria - ) li si scopre pieni di “presentazioni” di libri; quasi ogni “bravo presentatore” ha il suo malloppo da tendere verso la telecamera perché si leggano bene titolo ed editore. La ragion d’essere di certi ospiti risiede proprio nell’accompagnare la propria beneamata creatura, il loro figliolo. E’ un vezzo (per alcuni fastidioso, ma bisogna adattarsi) che riguarda anche dischi e film in uscita nelle sale; a occhio e croce, mi pare però che in tv la parte del leone la facciano i libri: ben tollerati dal pubblico, compaiono, per fare un esempio, in “Per un pugno di libri“, (delizioso programma della domenica pomeriggio che consiste proprio in una gara tra scolaresche a chi ne sa di più di letteratura) in cui uno dei due conduttori, Piero Dorflestra un gioco e l’altro presenta e illustra dei libri che lui stesso consiglia); a mala pena sopportati se invece il libro in questione compare improvvisamente sbucando fuori da una giacchetta, facciamo di Bruno Vespa, in una trasmissione che con la letteratura ha ben poco a che fare.
E questa potrebbe essere la prima fonte di informazione.
Altre volte si usano delle tecniche diciamo personali: può essere utile ed istruttivo recuperare un libro uscito e letto (e piaciuto) non molto tempo fa, o viceversa un classico, e lasciarsi suggerire qualche altro titolo dello stesso autore guardando nel risvolto di copertina. Ancora, può essere una persona di cui ci fidiamo (dei suoi gusti, intendo) che ci dà dei buoni consigli. Oppure noi stessi scopriamo che in un romanzo si parla tanto di scacchi, di cui siamo appassionati, oppure che il romanzo è ambientato a Mantova, città in cui abbiamo vissuto per una decina d’anni. Sarà curioso e interessante sentir parlare di luoghi conosciuti. Così, possono essere tanti gli agganci che ci permettono di stare in collegamento con la catena delle produzioni letterarie. Ma non sempre le cose filano lisce, altimenti come si spiega lo scatolone in quell’angolo pieno di libri usati pronti per la spazzatura? Appunto perché non sempre le cose filano lisce: non sempre uno scrittore, dopo aver spopolato con la prima uscita, riesce a mantenere un alto livello nei libri successivi: in poche parole si rivela un bluff e “chissà chi gliel’ha scritto il primo”, vien da chiedersi.
Ma, se è già un lavoraccio districarsi tra questi sbarbatelli senza arte né parte (intendiamoci, succede lo stesso anche con scrittori di chiara fama), è davvero un dramma quando abbiamo a che fare con le nostre incertezze e incontentabilità, con le nostre idiosincrasie. Capita spesso di non aver ben chiari quali sono i nostri interessi: insistiamo a leggere gialli finché ci accorgiamo che non ci interessa più come genere, ha ormai fatto il suo tempo. Possono poi capitare le antipatie di cui non vediamo la causa: Succede ancora più spesso che, dopo aver letto un libro magnifico, o comunque pienamente soddisfacente, non si riesca più a trovare materiale dello stesso livello. In poche parole, tutti i libri del mondo ci sembrano delle schifezze. Abbiamo un bel cercare, la nostalgia per quello peserà per un bel po’ come un macigno. Se siamo degli incontentabili, nulla e nessuno ci può venire in aiuto; abbiamo la possibilità di tentare di restare in famiglia e vedere come si mette; possiamo cioè sperare che un libro dello stesso autore faccia la sua figura come il fratello, ed infatti è lì che ci buttiamo, ma a volte non funziona. Cerchiamo allora di capire che cosa non va, perché tutti elogiano questo libro e noi non riusciamo ad andare oltre le prime otto pagine. Che cos’aveva di tanto bello quell’altro? Faceva delle descrizioni mozzafiato, questo qui fa pena, si dilunga a parlare dei quadrettini dell’abitino, una cosa insulsa. Là i personaggi erano rappresentati a tutto tondo, questi sembrano delle inverosimili marionette. Le parole poi, il lessico! Ad un tempo semplice e raffinato, di modo che la scrittura balzava in primo piano, come dev’essere: la trama può essere avvincente, può incuriosire ed interessare, ma è la scrittura che ci accompagna riga per riga.
Insomma, delusioni ne incontriamo tutti prima o poi; è impossibile che ogni libro che prendiamo in mano risponda pienamente alle aspettative, a meno che il lettore non sia un po' ipocritico (vale a dire di bocca buona) ed a un libro non chieda poco più che un po' di compagnia. Come ad un gatto.
E voi? Quali sono i vostri generi letterari preferiti? E come scegliete le vostre letture?
domenica 28 novembre 2010
VIRTUALE... O NO?
Da quando sono "scoppiate" le mail, quante chiacchiere, quanti messaggi, quante conoscenze e magari anche amicizie più o meno durature. Fermi qui, però. Già, c'è chi dice che non si tratta di sentimenti veri, ma solo"virtuali" che, qualunque sia il significato proprio del termine, viene comunemente inteso nel senso di "finto", non reale. Voi che ne pensate? secondo la vostra esperienza, o quella narrata da altri, pensate che ci si possa innamorare via e-mail?
domenica 14 novembre 2010
Fabio F.
Fabio F.
Non posso dire di essere una “fan” di Fabio Fazio, ma sono una sua estimatrice. Se lo confrontiamo con altri “bravi presentatori” e teniamo conto del fatto che il suo non è il mestiere di un moderatore di galline starnazzanti né di lingue pronte ad entrare in opera, bensì di un sobrio intervistatore di tranquilli artisti, di piacevoli musicisti, di interessanti personaggi che raccontano parte della loro vita, bisogna dire che ha imparato bene a fare il suo mestiere. Ed ora lo sa fare, in maniera elegante e garbata, mettendoci anche qualche semi-composta risata se il “copione” la tollera. Non sbavature, né esagerazioni, né turpiloquio (quello è riservato alla Littizzetto che lo gestisce come vuole). Si potrà dire che tanta compostezza non è spontanea, e può darsi senz’altro che sia frutto di studio. Ma magari lo studio in altri campi desse un così buon risultato!
Ma la caratteristica se vogliamo meno appariscente ma secondo me più rara e personale, è la sua capacità (che non ho mai visto in nessuno) di saper cavare da un personaggio scialbo - o che comunque non ha una statura “da pubblico”- la sua dimensione migliore. Il tetro appare luminoso e magari anche un po’ ridanciano; l’attore scemotto che diresti che non ha nulla nel cervello si dimostra capace di pensieri profondi; altri artisti, scrittori, ecc.solitamente altezzosi o insipidi, abbassano le difese o non so che altro, diventano autoironici e fanno dire a chi li vede: “Ma guarda un po’ quel cretino di XY, non lo facevo così spiritoso!”
giovedì 11 novembre 2010
numeretti
Adesso sta per concludersi se dio vuole l‘era berlusconiana; per quanto l’ottimo Panebianco, forte del suo fragrante cognome, ci abbia messo in guardia contro probabili colpi di coda. Comunque sia, adesso è tutto un pullulare di profonde riflessioni critiche su che cosa è stato il berlusconismo e come non cascarci mai più. Contemporaneamente chi fa politica capendoci qualcosa avrebbe già capito che per farla bene ci vuole più concretezza e meno frasette del tutto inutili. Ma questo scritto non riguarda Berlusconi e i suoi accoliti. O meglio, non solo loro.
Ma ci avete fatto caso di quanto la smenano con tabelle e cifre? Non parlo dei dati statistici del povero Pagnoncelli, vittima sacrificale di chi lotta per imporre la propria verità; parlo dei dati economici, il pil, la spesa pubblica, la disoccupazione e compagnia bella. E fanno bene a parlarne, si capisce. Anche perché non sono tanto difficili da capire. Ma sono dati sempre diversi! Infatti nei vari dibattiti politici e talk show, tutti con gli stessi “ospiti” che fanno il giro delle sette chiese, non ce n’è uno che sia sprovvisto di cartellina la cui lettura è di solito preceduta dalla frase: la ringrazio di avermi posto questa domanda….ho qui appunto i dati …e giù a sciorinare cifre e litanie. Qualcun altro si tiene pronto per il suo turno…allorché potrà con piena soddisfazione smentire il collega con dati del tutto diversi. Senza scomporsi. Ma porco di un cane, dove vanno a raccogliere i dati costoro? Com’è possibile che dati così importanti: il Pil, il debito pubblico, la disoccupazione, il tasso di crescita, ecc. siano così diversi da una cartellina all‘altra? Oppure barano correggendo i numeri mentre li leggono? Tanto, anche se il vicino se ne accorge, non ci fa caso…can no magna can, si dice dalle mie parti.
L'incontro
Eppure aveva sentito bene: “deliziosa“, aveva detto il signore con i capelli bianchi; e a chi poteva riferirsi se non a lei? Come se fosse sorpreso: ci aspettavamo una studentessa qualunque, mi hanno mandato questa deliziosa signora.
Il legame, un poco più stretto di una normale collaborazione, diventava più sciolto col passare dei giorni, anche se, per un altro verso, si andava rarefacendo a causa delle frequenti stanchezze di lei che le facevano a volte saltare la “lezione”, nonché delle difficoltà dell’argomento di lavoro che spesso doveva interrompersi per la decrittazione.
C’era però un altro canale che presentava minori intoppi, cioè quello delle mail, il più gradito da lei in quanto utilizzabile senza orari e contenuti precisi; infatti fu attraverso le mail che impararono a conoscersi. Scoprirono fin dall’inizio (si erano incontrati tra i “commenti” di un blog) di avere una notevole identità di vedute: a cominciare dagli attori preferitti, proseguendo per le idee politiche, perfino i programi tv di raitre piacevano ad entrambi; inoltre per forza di cose, appartenendo alla stessa generazione, avevano la stessa cultura musicale, costruita attraverso tappe assai simili. Elementi accessori, a riprova della vicinanza, un amore intenso per la canzone napoletana, in lui perché napoletano di fatto, in lei per oscure ragioni risalenti forse all’ambiente scolastico dove erano presenti parecchi compagni meridionali.
E così, una delle prime attvità che lei introdusse “a forza” nelle ore di lavoro, fu il cantare pasticciato e impreciso delle più famose canzoni napoletane: lei alla fine rimase delusa perché non era riuscìta ad insegnargli niente (anche perché lui aveva delle forti resistenze ad esibirsi), ma lui parve contento lo stesso, e lo dimostrò anche con quell’abituale predisposizione al complimento, un po’ galante ma in gran parte sincero: che bella voce! Come pronunci bene!
Il rapporto continuò, saldo e rilassato per qualche mese: erano riusciti a conoscersi bene, sia per il lavoro fatto insieme, ma soprattutto grazie all’intimità offerta loro dall’uso di Skype: è vero che lei chiese molto presto di non usare il video, perché la imbarazzava troppo, ma anche l’uso delle cuffie e del microfono contribuiva a creare uno spazio assai ridotto dove esistevano solo lui e lei. Lui era sempre molto docile: dava a lei l’iniziativa di incontrarsi o no, e a che ora: qualunque desiderio era un ordine. Fu a questo punto che lui cominciò ad usare espressioni del tipo: “qualunque cosa decidi di fare, per me è sempre un piacere: chiama, scrivi: sentire la tua voce o leggere i tuoi scritti mi rende felice.” L’espressione era forse un po’ caricata, ma aveva l’aria di essere sincero. Così lei si lasciò andare alla dolcezza e al calore di questo trattamento: la loro era una solida, affettuosa amicizia. Non occorreva chiedersi altro.
Dopo circa tre mesi dal primo incontro, vi furono dei segnali di cambiamento: lui aveva cominciato ad usare frasi più “corpose” (anche se mai propriamente volgari) del tipo: “se ti avessi conosciuta da piccola, non mi sarei lasciato scappare questa bella gallinella, oppure “tu m’intrighi”, o: “sei una bella mora”; espressioni che a lei piacevano molto perché, anche se grossolane, erano lusinghiere e spiritose. Ma fu il racconto dettagliato che lei fece, per lettera, di un suo antico amorazzo invano inseguito a scopo di seduzione, che da un giorno all’altro crollarono le barriere che facevano sì che la loro piccola storia si mantenesse nel sentiero dell’amicizia, e lui ammise apertamente che sì, certo che la voleva sedurre. Fu una confessione che, seppur piacevole, non mancò di turbarla. Dovette rivedere l’andamento, il significato, le prospettive di questa nuova realtà. La cosa più semplice sarebbe stata quella di stabilire di nuovo i confini, pronunciarsi, contrapporre la propria visione della cosa a quella di lui: ma appena tentò di farlo si accorse che non era quello che desiderava né per lui né per sé: ma che cosa desiderava, alla fine? Desiderava, in definitiva, godersi il piacere di essere ammirata, desiderata, voluta senza tanti mezzi termini: la sua risposta si sarebbe adattata alla situazione contingente. Così, se le fosse arrivato un messaggio troppo forte, che richiedeva una risposta forte (sia di accettazione che di rifiuto), per quella volta magari avrebbe preferito opporre un altolà, un richiamo all’ordine, che le era sempre consentito, diciamo, per contratto. Insomma, non stava prendendo nessun impegno, per cui si sentiva libera di comportarsi nel modo che di volta in volta avesse ritenuto più opportuno. Ma a questo punto, imprevista ed imprevedibile, capitò un’altra burrasca che la sconvolse.
Non si erano mai visti di persona, loro due. Certo, l’uso di skype faceva sì che le loro frequentazioni sembrassero svolgersi non come tra due persone distanti centinaia di chilometri, ma come due sedute allo stesso tavolo. Inoltre, a tempo perso si mettevano a guardare vecchie foto destinate a finire sul blog, quindi lui aveva “conosciuto” i suoi parenti più stretti. Insomma, era una specie di amico di famiglia. Ma, come già detto, non si erano mai incontrati; e per di più da parecchio tempo avevano soapeso gli incontri, senza che ci fosse un motivo. Lei era parecchio dispiaciuta di questa “assenza”: quando passavano alcuni giorni senza che neanche si sentissero, gli scriveva chiedendogli scusa di non essersi fatta viva prima. Ma, nonostante le premure, continuavano a non vedersi, sicché ad un certo punto lei si accorse che non se lo ricordava più. Nonostante le molte volte che avevano lavorato insieme, ella aveva fatto poco per fissarselo nella memoria: che importanza aveva, allora, ricordarsi il suo viso?
Questa, se vogliamo banale lacuna si trascinò dietro emozioni, sogni (più spesso ad occhi aperti) in una parola confusioni affettive. Se non si ricordava il suo viso, tutto poteva essere. Poteva avere un’età oppure un’altra: anzi, per comodità, sarebbe stato più utile, più sbrigativo, far finta che lui in realtà fosse uno e trino: il primo, adolescente, era quello che faceva le domande impertinenti: poi c’era quello sulla quaranta-cinquantina, il più vicino a lei come generazione:, infine quello diciamo più assiduo e innamorato, l’unico “vero”fin dall‘inizio… Per razionalizzare il tutto, la sua mente confusa stabilì anche una parentela fluttuante fra i tre: spesso fratelli, a volte padre e figlio…Ad un certo punto, credendo di ammattire, si volle spingere fino in fondo: provò a pensare che il tutto fosse un sogno: “non mi stupirei nemmeno” pensò“ se dovessi constatare che non c’è ombra delle mail che ci siamo scambiati all’inizio: non sono mai esistite”. L’ipotesi era sconvolgente: temeva di essere prossima alla follia. Per fortuna trovò tutte le mail, in perfetto ordine come giocattoli rimessi in ordine dalla mamma.
Anche dopo questo accertamento, però, non diminuì il disagio: “vedeva” sempre tre persone, tre età: per di più tutti e tre erano molto attratti da lei e non lo nascondevano. Avevano ognuno una diversa vita privata, diversa ma contigua, e quella che l’ora precedente passava per essere la moglie del primo, si comportava disinvoltamente da madre nella scenetta successiva.
Sempre in agguato le gaffes: a nessuno dei “tre” poteva dire che cosa la rodeva: come minimo l’avrebbero presa per matta. Agiva sempre con prudenza, e sempre pronta a fingere un innocente lapsus: “come ho detto stamattina a tua madre…oh!, madre! Perché ho detto “madre”?
Non c’era ombra di miglioramento: secondo i suoi calcoli del tutto approssimativi, dopo un breve periodo di impatto con la verità, nel giro di qualche giorno si sarebbe “assestata” senza alcun problema né alcun postumo della malattia che l’aveva tanto spaventata.
Macché. Più passava il tempo, più lei pareva immergersi nella pseudo-realtà, quella più inverosimile ma più affascinante: tre uomini di diversa età innamorati di lei! Un piacere mai provato.
Certe volte “osava”, quasi per mettersi alla prova: si andava ad avviluppare in trame ardue e confuse: dovette imparare a coabitare con la realtà bislacca del suo incubo.
Nel frattempo la sua “piccola storia” una e trina procedeva per una sua strada autonoma, con delle sue coerenze interne; così era del tutto naturale che i suoi tre innamorati fossero sempre più innamorati di lei : quando una persona vale, più la si conosce e più la si apprezza. Questo pensiero la rassicurava non poco, dato che la cosa che le dava più gioia e gratificazione era il sentirsi amata, senza limiti e condizioni; e su questo punto veniva rassicurata pienamente dagli stessi suoi amatori, allorché, una volta raggiunto un ottimo livello di intimità e schiettezza, lei stessa aveva preso l’abitudine (senza eccessive insistenze, ché anzi stava attenta a non essere troppo lagnosa) di chiedere: Sei innamorato di me? E la risposta era pienamente positiva, con tanto di complimenti).
Ma la confusione si allargò e si stabilizzò pienamente una volta passato un altro paio di settimane. Fu lei stessa ad accorgersene, come sempre. Avvenne che il caos cominciasse a prendersi gioco dei suoi sentimenti, allorché si scoprì a fare considerazioni del genere: (e si riferiva a tutta la gente che le si trovava d’intorno): “certo che X è più affascinante di Y: anche suo fratello Z. andrebbe bene per un’avventura; chissà se ci starebbe” Ma no, vuoi smetterla? diceva a se stessa un attimo dopo, con severità; lo vuoi capire che non c’è nessun fratello? X è figlio unico! Non solo quindi i personaggi “superflui” non se ne volevano andare, ma anzi proliferavano sempre più numerosi, e spesso andavano a sovrapporsi, come cloni, a quelli già esistenti. “Devono risarcirmi della perdita , pensava intanto, ormai sull’orlo dello squilibrio (e non si capiva bene a chi si riferisse: forse agli dei); è forse colpa mia se vollero darmi ad intendere di essere la più bella ed amata del reame?
La storia si concluse in parte positivamente. Ma nel complesso fu deludente. A quella esaltazione amorosa ed a tratti decisamente erotica, si sostituì una storia simile ad altre più modeste e miserelle: il discreto aspetto fisico e la sua vivace intelligenza avevano conquistato una sola persona: il signore con i capelli bianchi facile alle cotte con la freschezza di un adolescente (sicuramente anche il più devotamente innamorato) che, come le prometteva nei giorni del corteggiamento e della conquista, rimase sempre devotamente accanto a lei. Ed ai suoi sogni infranti.
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